Non mi avete fatto niente (Ermal Meta, Fabrizio Moro)

Questo brano si ispira alla lettera scritta da Antoine Leiris, che ha perso la moglie nell’attacco terroristico di Parigi del 13 novembre 2015.

Egli è rimasto solo con il figlio e, sebbene la loro vita andrà avanti, sa che la persona che amavano di più non si trova più con loro. Tuttavia, decide di non dedicare il proprio odio agli autori dell’attacco («non mi avete fatto niente»).

Il 2017 è stato un anno tristemente noto per i numerosi attentati terroristici e, dopo quello avvenuto a Manchester al concerto di Ariana Grande, Fabrizio Moro ha proposto a Ermal Meta una collaborazione, ricampionando parte di una propria canzone chiamata Silenzio.

I due artisti hanno portato a casa la vittoria cantando il pezzo a Sanremo 2018 insieme a Simone Cristicchi, il quale lo ha introdotto leggendo la lettera di Leiris.

A Il Cairo non lo sanno che ore sono adesso.

Il primo verso si riferisce agli attentati in Egitto (aprile 2017). Eventi tragici come questi sono inaspettati («non lo sanno che ore sono adesso») e colgono di sorpresa in un qualsiasi momento.

Il sole sulla Rambla oggi non è lo stesso.

Dopo l’attacco a Barcellona (agosto 2017), quando si è levato il sole si è vista una Rambla colpita.

In Francia c’è un concerto, la gente si diverte,
qualcuno canta forte, qualcuno grida a morte.

Poco prima dell’attentato al teatro Bataclan in Francia (novembre 2015) la gente si divertiva senza avvertire il pericolo perché, com’è giusto che sia, ci si svaga senza pensare che di lì a pochi secondi si potrebbe sconvolgere per sempre la propria vita e quella dei propri cari.

Trattandosi di un concerto c’era chi cantava e, nel frattempo, qualcuno gridava a morte perché aveva già deciso che gente assolutamente innocente dovesse morire in nome di non si sa bene cosa.

A Londra piove sempre ma oggi non fa male,
il cielo non fa sconti neanche a un funerale.

Di solito ci si sofferma a infastidirsi per le piccole cose. Ad esempio, il solo fatto che piova potrebbe essere un problema.

Tuttavia, quando accadono queste tragedie, ciò che sembra un grave danno (essere bagnati dalla pioggia) è solo una carezza rispetto a ciò che potrebbe succedere.

A Nizza il mare è rosso di fuochi e di vergogna,
di gente sull’asfalto e sangue nella fogna.

Durante la strage di Nizza (luglio 2016), anche i rivoli d’acqua erano tinti di rosso.

E questo corpo enorme che noi chiamiamo Terra,
ferito nei suoi organi dall’Asia all’Inghilterra.

Tutto ciò viene consumato sul nostro pianeta, un “corpo” ferito a macchia di leopardo in tutti i suoi organi, cioè i vari stati della Terra.

Galassie di persone disperse nello spazio,
ma quello più importante è lo spazio di un abbraccio.

Le persone siamo ovunque e occupiamo un grande spazio, ma quel che conta per ciascuno di noi è ciò che c’è in un piccolo spazio: ad esempio lo spazio un abbraccio, che è come fosse uno spazio intero.

Di madri senza figli, di figli senza padri,
di volti illuminati come muri senza quadri.

L’abbraccio è tra chi rimane: persone che restano senza figli, coniugi, genitori. Sono orfani di guerra, di attentati e terrorismo.

Chi resta sono figure inanimate, perché si rimane privi di ogni felicità, svuotati di ogni luce.

Minuti di silenzio spezzati da una voce:
“non mi avete fatto niente”.

Nel silenzio si eleva l’urlo (la lettera) di Antoine, colpito negli affetti più cari.

Pur se consumato dal dolore, egli grida che tutto ciò che ha dovuto subire non ha scalfito minimamente nel suo status di seguace della vita.

È come se dicesse: “Io rimango umano e, malgrado sia stato provato di tutto e dovrei essere arrabbiato con la vita, non riuscirete a farmi arrivare dove siete voi“.

Non mi avete fatto niente,
non mi avete tolto niente,
questa è la mia vita che va avanti
oltre tutto, oltre la gente.
Non mi avete fatto niente,
non avete avuto niente,
perché tutto va oltre le vostre inutili guerre.

Nella quotidianità, alla fine, si va oltre le guerre, inutili perché fanno gli interessi di pochi, uccidono innocenti e distruggono vite umane, affetti, sogni e progetti familiari.

C’è chi si fa la croce e chi prega sui tappeti,
le chiese e le moschee, l’Imàm e tutti i preti.

I popoli risiedono su questa terra con le loro diversità. Si può stare insieme anche se non si è uniti dagli stessi riferimenti.

Ingressi separati della stessa casa,
miliardi di persone che sperano in qualcosa.

Le diverse credenze rendono il mondo come se si fosse separati in casa. A prescindere dai vari ingressi di questa casa, la finalità è quella di stare su un territorio che ci accoglie tutti.

Identificarsi in un modo piuttosto che in un altro non cambia la condizione in cui ci si trova.

Siamo tutti mossi da uno stesso sentimento, ovvero che ci sia qualcosa che ci supporterà e che ci garantisce di vivere, o morire, serenamente.

Braccia senza mani, facce senza nomi,
scambiamoci la pelle, in fondo siamo umani.
Perché la nostra vita non è un punto di vista

A prescindere da qualsiasi “categoria” in cui veniamo fatti ricadere, siamo tutti esseri umani che hanno in comune il medesimo destino: la vita, in tutte le sue sfaccettature.

e non esiste bomba pacifista.

Non esiste azione criminale che possa essere intrapresa in nome della pace.

Cadranno i grattaceli e le metropolitane,
i muri di contrasto alzati per il pane.

Malgrado i bombardamenti, malgrado si distrugga oltre anche ciò che di materiale esiste su questa terra (come i grattacieli e le metropolitane), e malgrado si tenda ancora oggi a dividere l’umanità alzando mura, il mondo continua a rialzarsi.

La vita, rappresentata anche dalla nascita di un bambino, va avanti. Al termine del video è emblematico, in tal senso, il fotogramma di un feto.

Ma contro ogni terrore che ostacola il cammino,
il mondo si rialza col sorriso di un bambino.

La vita non la decidiamo noi: possiamo distruggerla ma, alla fine, si “crea da sola”. Ci sarà sempre una parte di essa che si rimetterà insieme.

Essa rinasce in quei bambini che, non contaminati dalle sovrastrutture di miseria e ingiustizia, esprimono la bellezza dell’animo umano con un sorriso pieno d’innocenza.

Sono consapevole che tutto più non torna:
la felicità volava
come vola via una bolla.

Malgrado si decida di restare “umani”, si è consapevoli che quello che ci è stato tolto non tornerà mai più.

Il protagonista sa che deve continuare a vivere, ma vivere non vuol dire essere felice.

La felicità, proprio come una bolla, è intrinsecamente precaria. È effimera, è qualcosa che c’è ed è bellissima, ma che può andar via in qualsiasi momento.

Come una bolla, la felicità si libra verso l’alto davanti ai nostri occhi, fugace, magica, per poi, inevitabilmente, rompersi.

Questa è la lettera scritta da Antoine Leiris:

«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».
—Antoine Leiris

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