Verranno a chiederti del nostro amore è l’ottava canzone del concept album – vale a dire un album musicale i cui brani seguono un filo logico al fine di raccontare una storia – “Storia di un impiegato”, pubblicato nel 1973. La canzone è stata dedicata, come confermato dal figlio di De André, Cristiano, alla prima moglie del cantautore, Enrica Rignon.
Occorre dunque contestualizzare il testo: l’impiegato, ovvero il protagonista dell’album, dopo aver fatto esplodere una bomba mal piazzata (vedi canzone “Il bombarolo”) che doveva colpire il Parlamento ma che ha invece finito per distruggere un chiosco di giornali, finisce in galera, e vede sui notiziari la propria donna che viene presa d’assalto dai giornalisti, in quanto compagna del galeotto.
Sembra che a lei, tuttavia, la popolarità dovuta al trovarsi come protagonista di prima pagina, anche se associata ad un “bombarolo”, non dispiaccia molto, come si evince già dall’ultima strofa proprio de “Il bombarolo”: «ma ciò che lo ferì / profondamente nell’orgoglio / fu l’immagine di lei / che si sporgeva da ogni foglio / Lontana dal ridicolo / in cui lo lasciò solo / Ma in prima pagina / col bombarolo».
L’amore di cui parla questa canzone non è infatti quello di un rapporto di affetto incondizionato e profondo, bensì piuttosto di un’unione quasi fittizia, di facciata, in cui è palese che i due sono persino arrivati a tradirsi. È per questo che, già dai primi versi, l’impiegato chiede alla consorte di non esporsi eccessivamente parlando del loro rapporto («un amore così lungo tu non darglielo in fretta»), dandolo in pasto «a quella gente consumata nel farsi dar retta» (i giornalisti assetati di notizie).
La redarguisce, inoltre, dall’ergere – a parole – il rapporto a livello di idillio («non spalancare le labbra ad un ingorgo di parole / le tue labbra così frenate nelle fantasie dell’amore») quando in realtà era tutt’altro che ideale, e a non lasciarsi andare alle ipocrite eterne promesse dell’amore (i sempre e i mai).
I due sembra siano profondamente diversi per indole e soprattutto aspirazioni sociali, infatti lui è dentro di sé un rivoluzionario (il gesto stesso del piazzare la bomba muove da un’esasperazione del suo bisogno di ribellione), lei invece è tendenzialmente una donna borghese, moderata; è per questo che, forse, entrambi durante il loro rapporto cercavano di cambiarsi a vicenda («non sono riuscito a cambiarti / non mi hai cambiato lo sai»), pur non riuscendoci.
Il carattere anticonformista e ribelle di lui viene anche ripreso dai versi «digli pure che il potere io l’ho scagliato dalle mani / dove l’amore non era adulto e ti lasciavo graffi sui seni», qualche strofa più avanti.
Il tema velato del tradimento si coglie invece nel momento in cui lui esorta la sua donna a mostrarsi con un trucco affascinante, tanto da indurre la platea a stupirsi «che tu non mi bastavi», ovvero che lui si intratteneva con altre donne. Anche lei, tuttavia, non era evidentemente da meno, sebbene tutto ciò non definiva mai una rottura definitiva e anche lei finiva per ritornare («digli che i tuoi occhi me li han ridati sempre / come fiori regalati a maggio e restituiti in novembre»).
Sicuramente entrambi erano consapevoli dei reciproci tradimenti sebbene non se lo dicessero esplicitamente («e troppo stanchi [gli occhi] per non vergognarsi / di confessarlo nei miei / proprio identici ai tuoi»).
Dopo essersi reso conto che la società e le pressioni esterne, infine, hanno spezzato definitivamente il loro rapporto («sono riusciti a cambiarci / ci son riusciti lo sai»), si domanda quale sarà il futuro di lei («dimmi senza un programma dimmi come ci si sente»). Si chiede se amerà davvero, se farà l’amore «per amore o per avercelo garantito» (cioè per trovare un altro rapporto da cui trarre vantaggio, accettando il compromesso di concedere il suo corpo ma senza amore).
Domanda inoltre se deciderà di non seguire più le convenzioni sociali oppure se si farà inglobare perfettamente da esse: questo quesito è dato dai due versi «andrai a vivere con Alice che si fa il whisky distillando fiori / o con un casanova che ti promette di presentarti ai genitori», infatti Alice è sicuramente un riferimento alla canzone omonima di Francesco De Gregori, dell’album “Alice non lo sa”, anch’esso del 1973 come “Storia di un impiegato”. L’Alice degregoriana era infatti una ragazza che sognava di discostarsi dal modo in cui tutto veniva e andava fatto.
L’impiegato non sa dunque se la sua donna semplicemente si lascerà trasportare dagli eventi senza una reale meta personale («o resterai più semplicemente / dove un attimo vale un altro / senza chiederti come mai»), oppure se prenderà in mano la situazione trovando la propria strada («continuerai a farti scegliere / o finalmente sceglierai»).